Intelligenza Artificiale e Psicologia
L’Intelligenza Artificiale sta ormai rivoluzionando diversi settori economici: la psicologia non fa eccezione. Infatti, il suo utilizzo supporta e potenzia il terapeuta in diagnosi e trattamenti, aprendo nuove opportunità di comprensione del disagio e di applicazione di programmi personalizzati sul cliente.
L’Intelligenza Artificiale nacque alla fine degli anni ‘30, quando lo scienziato Alan Turing ideò una macchina capace di manipolare qualsiasi informazione con estrema precisione. In sostanza, se riusciamo a comprendere un processo, scrivendolo con precisione e dettaglio sul calcolatore, quest’ultimo è in grado di simulare il processo stesso. Questo è il principio alla base dell’attuale Intelligenza Artificiale. Una macchina però può essere definita "intelligente" se soddisfa requisiti come essere capace di pensare, prendere decisioni e risolvere problemi in modo autonomo, così come farebbe la mente umana.
In ambito psicologico, le innovazioni legate all’applicazione dell’Intelligenza Artificiale spaziano da “psicoterapeuti virtuali” a robot in grado di trattare un'ampia gamma di disturbi.
In particolare, troviamo applicazioni terapeutiche mediante "chatbot" attraverso l’uso di servizi di messaggistica breve che hanno l’obiettivo di supportare il cliente nel riconoscere le proprie emozioni e il disagio emotivo che sta vivendo. Un approccio simile prevede l’uso di "avatar" che simulano le allucinazioni uditive di alcuni pazienti con psicosi, inducendoli al confronto, o come trattamento per migliorare l’aderenza ai farmaci in pazienti con schizofrenia.
L’utilizzo dell’intelligenza Artificiale ha avuto un suo riscontro positivo e tuttora promettente anche nel trattamento della demenza e del disturbo dello spettro autistico, attraverso l’uso di robot che interagiscono e “dialogano” con la persona. Lo scopo principale del trattamento associato al robot è quello di migliorare le comunicazioni e le interazioni, fermo restando che si abbia la necessità di non incorrere in un uso eccessivo, tale da provocare chiusura e dipendenza.
Sebbene i riscontri dell’uso dell’Intelligenza Artificiale in psicologia siano positivi, bisogna anche tener presente alcuni limiti di natura etica, come possibili pregiudizi contenuti nell’elaborazione degli algoritmi, la dipendenza associata a tale strumento, il potenziale isolamento verso le relazioni sociali o importanti effetti sull’individuo di natura identitaria e comportamentale.
In conclusione, se utilizziamo l’Intelligenza Artificiale in collaborazione con il sistema sanitario e terapeutico già esistente, le implicazioni ad esito positivo potrebbero essere di gran lunga maggiori rispetto ad un uso smodato e poco consapevole di questa realtà. Quindi è importante lavorare sempre e comunque nel garantire situazioni di fiducia tra terapeuta e paziente e talvolta includendo dispositivi intelligenti per agevolare l’esito del trattamento e ottenere risultati ottimali tangibili.
